Come raccontavamo qualche settimana fa, in Italia a scegliere la libera professione non sono in molti rispetto al resto d’Europa. Le ragioni che emergono da studi e sondaggi sono molte, dalla pressione fiscale elevata, alla burocrazia asfissiante. Ci siamo però chiesti se non ci fosse di mezzo in qualche modo anche la formazione imprenditoriale.
Non si può dire con certezza che si tratti di una conseguenza diretta, ma sicuramente nel sistema scolastico italiano – a differenza della maggior parte dei paesi europei – non c’è spazio per l’educazione imprenditoriale, intesa come fiducia in se stessi, presa di iniziativa, creatività, progettualità e pianificazione, competenze finanziarie minime, capacità di gestire le risorse e il rischio, di lavorare in team e di saper cogliere le occasioni per crearsi un proprio business. E non siamo parlando solamente di formazione universitaria: il gap con il resto d’Europa quanto a educazione imprenditoriale nasce fra i banchi della scuola primaria.
Il risultato è da un lato che gli italiani hanno in media competenze finanziarie più scarse rispetto ai colleghi europei (dato OCSE PISA 2012), dall’altro una scarsa percezione dell’importanza della formazione imprenditoriale nel proprio percorso scolastico. Secondo gli esperti, l’Italia mostra uno dei tassi più bassi di percezione di quanto la formazione imprenditoriale è incorporata nella formazione scolastica. A raccontarlo un recente report della Commissione Europea Entrepreneurship Education at School in Europe pubblicato lo scorso febbraio.
“La scuola non mi ha aiutato”
Solo 1 imprenditore italiano su 6, il 16%, fra quelli intervistati nel report ha dichiarato di aver preso parte nel proprio programma di formazione scolastica a una qualche attività legata all’imprenditorialità, un dato che ci vede in fondo alla classifica. La media europea è infatti del 23% e nei paesi dove si investe di più si parla di oltre un terzo del totale. In Finlandia ha partecipato a questo tipo di attività il 39% degli imprenditori o liberi professionisti, in Olanda e Slovenia il 36%, in Lettonia, Svezia il 33%, in Austria il 31% e in Polonia il 30%. I risultati meno positivi sono dati da Malta e Regno Unito (15%), Italia (16%) e Grecia (17%).
Italia: prima dell’Università nulla
Il gap con la maggior parte dei paesi europei di vede a occhio nudo. In Italia la formazione imprenditoriale non è prevista prima dell’università, e anche in questo caso ci si limita a introdurre alcuni elementi unicamente nei percorsi di studio a carattere economico, mentre in molti altri paesi questi vengono inclusi anche in settori come le scienze sociali, le scienze cosiddette “dure”, e in alcuni casi anche nella formazione artistica e letteraria. Insomma, in Europa la formazione imprenditoriale non è intesa soltanto come materia di studio all’interno di corsi superiori di formazione economica, ma come parte della formazione dell’individuo sin da piccolo. In 6 paesi la forme di formazione imprenditoriale sono addirittura considerate come materia a sé nella scuola primaria (ISCED1 e 2), e in 16 paesi nei percorsi di scuola secondaria (ISCED3 e IVET).
Manca una strategia nazionale
Siamo infatti fra i pochi paesi in Europa dove non esiste una strategia nazionale vera e propria, insieme ad altri 8 paesi, fra cui Regno Unito, Olanda, Portogallo e Islanda. Sembriamo dunque in buona compagnia, se non fosse che – rileva la Commissione Europea – che l’Italia è l’unico fra questi paesi che non sembra muoversi in quella direzione. Regno Unito e Malta, per esempio, stanno cercando delle strategie per la formazione imprenditoriale lungo tutto il percorso educativo, che andranno a integrarsi nei sistemi educativi nazionali nei prossimi anni, mentre altri, come Croazia e Olanda, hanno messo in piedi negli ultimi anni strategie per la formazione imprenditoriale che al momento sono cessate.
Alfabetizzazione finanziaria fra le peggiori dell’area OCSE
Formazione imprenditoriale significa anche competenze finanziarie e su questo l’Italia mostra di essere molto al di sotto della media europea. Secondo l’ultimo report PISA elaborato da OCSE nel 2012, che misura regolarmente le abilità linguistiche e matematiche dei 15 enni, l’Italia con i suoi 466 punti infatti, si colloca ben al di sotto della media OCSE per le competenze finanziarie (500 punti) e il distacco con la maggior parte dei paesi che hanno risposto al questionario (Cina, Belgio, Australia, Estonia, Francia, USA, Russia, Spagna, Croazia, Israele) è ancora maggiore. Peggio di noi – fra i 13 paesi esaminati – solo la Colombia.