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Essere omosessuali in Africa

24 Novembre 2014 - Cristina Da Rold

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Essere omosessuali nel continente nero è ancora oggi un problema enorme. Perché se ci sono dei paesi in cui l’omosessualità è esplicitamente legale, nella maggior parte degli stati africani se sei omosessuale ben che ti vada vai in galera; se ti va male puoi finire ai lavori forzati, venire condannato a morte o, se sei donna, subire il corrective rape, che altro non è che uno stupro di gruppo. Per non parlare dei paesi in cui non esiste una legge apposita che condanni l’omosessualità, ma in cui vige una morale sul pudore che di fatto perseguita anche i rapporti con lo stesso sesso. Lo testimonia la recente legge contro gli omosessuali che prevede la prigione a vita per gli omosessuali, promulgata dal presidente del Gambia, Yahya Jammeh. Lo stesso leader noto per aver affermato qualche tempo fa “I gay e le lesbiche li vorrei uccidere con le mie mani, come zanzare”.

Tante Afriche
«In realtà, a parte la sua denominazione geografica, l’Africa non esiste» scriveva il reporter polacco Ryszard Kapuscinski. Anche quanto a morale sessuale, così come nella maggior parte dei settori della vita pubblica e privata, l’Africa è un crogiolo di culture tale che pare impossibile tracciare delle linee comuni. Ogni stato ha le proprie leggi e soprattutto le proprie pene, anche assai diseguali fra di loro, anche fra paesi che sembrano a noi occidentali molto simili perché accomunati dalla geografia o dalla storia. Dal Sudafrica in cui è legale addirittura il matrimonio omosessuale, fino a paesi come Mauritania, Sudan, Nigeria e Somalia, dove la legge prevede ancora oggi anche la pena di morte.

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Se a essere condannata non è l’omosessualità, ma la sodomia
Il primo aspetto che colpisce leggendo le varie leggi sull’argomento è che in molti paesi a essere condannata non è l’omosessualità, bensì la sodomia, che sia fra persone dello stesso sesso o tra uomo e donna. L’omosessualità viene dunque condannata come uno dei casi in cui la sodomia può manifestarsi. È questo il caso per esempio della Nigeria e del Sudan, due fra i paesi che prevede le pene più atroci per gli omosessuali, nei casi meno gravi la prigionia e il pagamento di un’ammenda, e nei casi più gravi pene corporali e la pena di morte.

In Nigeria, inoltre, vi è differenza di pena tra uomini sposati e non, una differenza dirimente: se non sei sposato un rapporto anale ti costa 100 frustate, se sei sposato un anno di reclusione e la morte per lapidazione. Sempre in Nigeria lo scorso dicembre, mentre il governo arrestava 38 omosessuali e dava la caccia ad altri 168 nel nord del paese, il parlamento ha approvato il Same Sex Marriage Prohibition Act, soprannominato la legge “Jail the Gays” che, come si intuisce dal nome, prevede pene fino a 14 anni di carcere per un matrimonio gay e la reclusione fino a 10 anni per l’adesione o il sostegno a club, società e organizzazioni gay.

A condannare la sodomia in sé, anche eterosessuale, sono anche la Libia, il Botswana, la Liberia e due tra i luoghi più amati per le nostre vacanze: Tunisia e Seychelles. In Liberia per questo si rischia un’ammenda, in Libia 5 anni di prigione, in Botswana 7 anni, in Tunisia 3 e nelle paradisiache isole anche fino a 14 anni.

Oltre al Sudafrica, dove dal 2006 è permessa agli omosessuali l’unione civile, sono altri cinque i paesi africani dove da qualche anno essere gay non è più un reato: Gabon a partire dal 2000, Capo Verde dal 2004, Guinea Bissau dal 2008, Benin dal 2009, Sao Tome e Principe dal 2011.

Inoltre, con buona pace del nostro occidente, in Ciad l’omosessualità è legale dal 1967 e in Costa D’Avorio addirittura da quasi due secoli, fin dal 1867. In questi otto paesi esiste infatti una legge apposita che tutela legalmente l’omosessualità, dichiarandola legale.

Dove la condanna non è sulla carta, ma nella prassi
Vi sono altri paesi invece in cui semplicemente non vi è una legge che condanni appositamente sodomia e omosessualità, ma ciò non implica la sua legalità agli occhi dello stato. In questi stati, come l’Egitto per esempio – dove è sufficiente pensare all’infibulazione femminile per rendersi conto di quanto peso possa avere una legge morale pubblica – la discriminazione e le molestie sulla base dell’orientamento sessuale non sono trattate né all’interno della Costituzione né tra le leggi emanate, ma di fatto gli omosessuali sono perseguitati. E anche la rivoluzione egiziana del 2011 non ha certo rappresentato una “primavera” per la comunità omosessuale. I leader dei Fratelli Musulmani, infatti, hanno continuato a condannare l’omosessualità e le unioni civili tra persone dello stesso sesso per motivi eminentemente religiosi.

Stessa cosa in Mali, dove esiste il crimine di “pubblica indecenza” nell’articolo riguardante il “delitto a sfondo sessuale”, e in Niger dove si può essere incriminati per aver “offeso la pubblica morale”, ragione spesso addotta nei casi di condanna nei confronti di omosessuali. Ma la legge costituzionale non è tutto: esistono anche le leggi religiose, come la sharia, che viene talvolta applicata per attuare delle condanne come alternativa alla legge dello stato.

Non è una questione religiosa
Il punto però non sembra essere quale sia la religione dominante, come testimoniato dal fatto che i paesi dove l’omofobia è illegale sono equamente distribuiti fra quelli a maggioranza cristiana e musulmana. In Uganda per esempio, racconta il Guardian, dove essere omosessuale significa ergastolo, l’attuale ministro dell’Etica e dell’Integrità Simon Lokodo, un ex prete cattolico che fra le altre cose ha studiato nel nostro paese, alla Pontificia Università Urbaniana, afferma che gli omosessuali sono “beasts of the forest”, bestie della foresta. E aggiunge: «non si può avere il diritto di essere un uomo malato. Non esiste diritto all’omosessualità. Essa deve essere curata”.

Alle donne va meglio?
A non essere invece equamente distribuita è la condanna dell’omosessualità dal punto di vista del genere, come racconta un dossier dell’International Lesbian and Gay Association (ILGA) dal titolo State-sponsored Homophobia, di cui l’ultima versione è edita nel 2014. Detta in altri termini in molti paesi a essere perseguitata è l’omosessualità maschile, mentre quella femminile non viene citata oppure, viene esplicitamente regolamentata secondo altre leggi, normalmente meno pesanti. In Gambia per esempio l’omosessualità femminile è anch’essa ufficialmente illegale a partire dal 2005, mentre in altri paesi come Kenya, Namibia, Lesotho, Malawi, Mauritius, Swaziland, Zambia e Zimbabwe le leggi fanno esplicito riferimento unicamente all’omosessualità tra uomini. Come si è già detto però, nel continente africano le leggi sono solo una parte della cultura.

E ne è testimonianza il cosiddetto corrective rape, lo stupro di gruppo inflitto alle lesbiche. Una pratica che è nata in Sudafrica, lo stato africano che a livello legale pare tutelare maggiormente l’omosessualità. Pare, perché nel 2008 il capitano della nazionale femminile di calcio Eudy Simelane è stata stuprata e uccisa perché era lesbica e si batteva per i diritti degli omosessuali.

Immagine di copertina: US Army Africa
Icone: Micheal Rowe

Cristina Da Rold

Freelance data-journalist and scientific communicator

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