Europarlamento al via: sull’ambiente farà meglio del suo predecessore?
3 Luglio 2019 - Giovanna Borrelli
Per le istituzioni europee questi primi giorni di luglio sono stati giorni cruciali di trattative e accordi per definire i ruoli cardine della nona legislatura europea. Primi giorni di attività anche per il nuovo europarlamento uscito dalle elezioni dello scorso maggio. Un parlamento che è chiamato ad affrontare urgentemente anche i temi ambientali, vista anche la nutrita presenza di ambientalisti ed esponenti di partiti verdi. Inoltre, i cittadini europei sono decisamente interessati ai temi ambientali. Da diversi mesi gli adolescenti di tutta Europa, e del mondo, guidati dall’attivista svedese Greta Thunberg chiedono ai politici e alle istituzioni internazionali azioni urgenti per contrastare il riscaldamento globale. Nonostante l’attenzione conquistata dal movimento dei #FridaysForFuture, i temi ambientali non hanno caratterizzato le campagne elettorali per le elezioni europee del 23-26 maggio. Dai dati raccolti nel secondo rapporto dell’European Elections Monitoring Center, l’osservatorio internazionale sulle elezioni europee, tra i temi delle campagne elettorali dei 28 Paesi dell’Unione Europea (UE) l’ambiente occupa solo la sesta posizione in classifica. Si piazza ancora più in basso tra i temi affrontati dai candidati dei Paesi dell’Europa del Sud (terzultima posizione) e dell’Europa dell’Est (penultima posizione). Eppure secondo le indagini dell’Eurobarometro i cittadini europei sono molto attenti alle questioni che riguardano la natura e i cambiamenti climatici. Il 96% degli intervistati sente la responsabilità di proteggere la natura e la biodiversità, e oltre il 90% crede sia necessario attuare un numero maggiore di politiche a favore dell’ambiente.
Durante l’ultima legislatura, 2014-2019, il parlamento europeo ha preso molte decisioni su questioni ambientali importanti, come la transizione verso un’energia pulita, la riforma del sistema comunitario delle quote di emissione, il consumo di suolo, la tutela delle foreste. L’organizzazione non governativa ambientale Climate Action Network (CAN) Europe ha provato a giudicare l’impegno dei gruppi parlamentari europei e dei partiti nazionali in base ai voti espressi dai parlamentari durante il quinquennio in corso. Secondo il report Defenders, Delayers or Dinosaurs, il parlamento europeo “non è riuscito a trattare il cambiamento climatico con l’urgenza che richiede”.
Difensori dell’ambiente tra temporeggiatori e dinosauri
CAN ha selezionato dieci diversi dossier sul clima che comprendono in totale 21 votazioni dell’assemblea plenaria del parlamento. La maggioranza dei voti selezionati riguarda proposte di legge, ma sono state incluse anche risoluzioni parlamentari (come quella sulla COP24 di quest’anno a Katowice, in Polonia). Per assegnare il punteggio, gli attivisti dell’ONG hanno stabilito che a ogni dossier corrisponde un punto, così ogni deputato può ottenere massimo 10 punti che, se totalizzati, portano al 100% di voti “pro-ambiente” valutati dalla ONG di un singolo parlamentare. I punteggi dei gruppi politici dell’UE rappresentano quindi la percentuale media tra i punteggi di tutti i parlamentari che ne fanno parte. Analogamente, i punteggi dei partiti nazionali rappresentano la media di tutti i punteggi ottenuti dai rappresentati del partito in Europa.
CAN ha quindi classificato i parlamentari in tre categorie: difensori dell’ambiente (defenders), che proteggono i cittadini europei dai cambiamenti climatici; temporeggiatori (delayer), che credono nella necessità di un’azione per il clima, ma non agiscono con l’urgenza richiesta; dinosauri (dinosaurs), che non hanno ancora compreso la necessità dell’azione contro i cambiamenti climatici.
I gruppi di destra sono in fondo alla classifica. Comprendono l’Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF) di cui fa parte la Lega; il Partito Popolare Europeo (PPE) con gli italiani Forza Italia (FI), l’Unione di Centro (UDC) e il Partito Popolare Sudtirolese (SVP); i Conservatori e Riformisti Europei (ECR) che accolgono parlamentari di Fratelli d’Italia (FdI). Hanno ottenuto punteggi più alti il gruppo dei Verdi Europei – Alleanza Libera Europea (Greens/EFA) e, con 20 punti di differenza dal primo, i due gruppi della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE-NGL) che oggi accoglie il partito l’italiano L’Altra Europa (e per le nuove elezioni la lista La Sinistra) e i Socialisti e Democratici (S&D), al cui interno ci sono il Partito Democratico (PD), Sinistra Italiana (SI) e Articolo 1 (MdP). A metà classifica si collocano i gruppi Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD) – che comprende il Movimento Cinque Stelle (M5S) – e il gruppo Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (ALDE) che per la prossima legislatura si annuncia in scioglimento, entrando a far parte di una nuova coalizione guidata dal partito del presidente francese Emmanuel Macron.
Un parlamento non ambientalista e disomogeneo
Dall’analisi di CAN emerge comunque un parlamento europeo ancora poco incline a sostenere politiche climatiche incisive. La maggior parte dei gruppi politici ha ottenuto una valutazione negativa o molto negativa (inferiore al 50%). Dei 751 membri del parlamento quasi la metà viene collocata tra i dinosauri (349) e ben 111 ancora tra i temporeggiatori.
I gruppi politici europei sono inoltre divisi internamente. Alcuni tra i partiti nazionali e i deputati europei hanno votato esprimendo preferenze in materia di ambiente anche molto diverse rispetto al gruppo politico europeo di appartenenza. Tra gli italiani, l’M5S è una eccezione positiva con un punteggio che è più del doppio rispetto a quello del gruppo di appartenenza, l’EFDD. Al contrario, la Lega Nord è un esempio negativo: con lo 0,8% totalizzato è lontanissimo dai già pochi 15 punti percentuali dell’ENF.
L’assenteismo e i ritardi nella politica
Un altro indicatore per valutare l’interesse dei partiti politici verso le politiche ambientali è la presenza dei deputati durante le votazioni. Prendendo come riferimento i dieci dossier scelti da CAN Europe, abbiamo calcolato le assenze dei parlamentari italiani grazie ai dati raccolti dal sito mepvote.eu. I risultati sono in linea con le valutazioni della ONG: gli esponenti dei gruppi di destra sono i più assenteisti, mentre i Verdi e il Movimento Cinque Stelle i più presenti.
Secondo CAN per sbilanciare il parlamento a favore di politiche climatiche più ambiziose sarà fondamentale che il gruppo dei S&D intensifichi il suo ruolo nell’azione per il clima.
Fino ad oggi anche i singoli Stati Membri non hanno mostrato grande impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. L’incontro informale dei capi di Stato che si è tenuto a Sibiu, in Romania, lo scorso 9 maggio, ha rimandato le grandi decisioni sul clima al Consiglio europeo di giugno 2019. La riunione aveva l’obiettivo di formulare l’agenda strategica dell’UE per il 2019-2024. Prima del vertice, un gruppo di otto Paesi (Francia, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia) ha scritto a tutti i leader per chiedere l’impegno ad adottare la proposta della Commissione europea di ridurre le emissioni nette di CO₂ entro il 2050 e di destinare il 25% del prossimo bilancio a lungo termine dell’UE alla lotta ai cambiamenti climatici. Si fa notare l’assenza di Germania e Italia dalla lista dei firmatari. La proposta dovrebbe essere votata il mese prossimo, ultima possibilità per l’UE di formulare i suoi piani di riduzione di CO₂ prima del summit delle Nazioni Unite sul clima del 23 settembre 2019.
Ma nella dichiarazione conclusiva del vertice Sibiu, tra i dieci impegni sottoscritti dai leader, ambiente e cambiamento climatico occupano solo l’ultima riga. Sembra che i politici che si candidano a governare l’UE nei prossimi cinque anni non dimostrino di affrontare l’emergenza climatica con l’urgenza richiesta dai cittadini europei.