
Forse non tutti sanno che Marzo è stato il mese della Salute Bisessuale (Bisexual Health Awareness Month), istituito da alcune organizzazioni americane, come il Bisexual Resource Center, per portare l’attenzione sui peculiari problemi delle persone bisessuali. Questa identità ha anche una data riconosciuta come la Giornata mondiale della visibilità e dell’orgoglio bisessuale, che cade il 23 di Settembre, celebrata per la prima volta nel 1999 da un’idea dei coordinatori di BiNet USA.
Alcune definizioni
Con il termine “bisessualità” si intende l’attrazione verso più di un genere, non necessariamente nello stesso modo, momento o grado. Infatti, è ormai superato lo stereotipo per cui un “vero” bisessuale debba provare lo stesso grado di attrazione per maschi e femmine e, per questo motivo, sarebbe più corretto riferirsi a questa comunità utilizzando il plurale e parlando di persone Bi+ o identità bisessuali, per comprenderne ogni possibile sfumatura.
Certo, molte cose sono cambiate da quando Alfred Kinsey, sessuologo e biologo statunitense, pubblicò nel 1948 i primi studi scientifici sul comportamento sessuale umano. Kinsey fu il primo ad affermare all’interno della comunità scientifica che l’attrazione sessuale, più che essere divisa in categorie, fosse simile ad un continuum e che essa potesse cambiare nel tempo. La Scala Kinsey (1948), infatti, misura il comportamento sessuale assegnando valori che vanno da 0 a 6, dove 0 indica un comportamento totalmente eterosessuale e 6 un comportamento totalmente omosessuale. Già allora era evidente, quindi, come tutti gli altri valori previsti denotassero un certo grado di bisessualità. Ancora oggi l’istituto Kinsey continua ad essere un punto di riferimento per il campo della ricerca in sessuologia umana.
Negli ultimi anni si è diffuso sempre più, in ambito scientifico e non, il termine “fluidità”, che indica la capacità di essere flessibili nella reattività sessuale, sperimentando cambiamenti nell’attrazione verso lo stesso sesso o l’altro sesso in diversi periodi di tempo.
Questo concetto rivoluziona tre assunti fondamentali riguardanti la concezione comune di orientamento sessuale affermando che, a seconda del contesto, alcune persone possano sperimentare cambiamenti nelle loro abituali preferenze. Perciò, secondo questo assunto, l’orientamento sessuale non è stabile nel tempo e possono esserci incongruenze tra attrazione sessuale, comportamento e identità. Ad esempio, una persona di dichiarata identità eterosessuale, potrebbe sperimentare attrazione per il suo stesso sesso in un certo momento della sua vita, e ciò non cambierebbe la sua identità riferita al proprio orientamento sessuale.
Il contributo della ricerca
La ricercatrice Lisa M. Diamond, dell’università dello Utah, chiarisce bene questi punti in una delle sue pubblicazioni. Questo lavoro evidenzia che, stando alla revisione della letteratura scientifica recente sull’argomento, negli ultimi decenni la percentuale di persone che riportano attrazioni e comportamenti omosessuali è in aumento, probabilmente per via del fatto che l’accettazione di comportamenti non-eterosessuali sia in molti paesi notevolmente maggiore rispetto al passato, dove questi più di frequente rimanevano inespressi a causa di norme sociali più restrittive.
A tal proposito Twenge e colleghi, esaminando i dati dell’US General Social Survey hanno scoperto che la percentuale di adulti statunitensi che riferisce di aver avuto rapporti sessuali con il loro stesso sesso in età adulta è raddoppiato tra il 1990 e il 2010 (dal 4,5 all’8,2% tra gli uomini e dal 3,6 all’8,7% tra le donne). Per fare anche un esempio europeo, uno studio condotto in Danimarca indica che il numero di persone che dichiarano di provare attrazione per il proprio sesso è raddoppiato nel periodo che va dal 1989 al 2005 dal 6 al 13% per gli uomini, mentre per le donne la percentuale è aumentata di ben sei volte, dal 3 al 18%.
I ricercatori indicano che una delle possibili spiegazioni per questa differenza di genere è che culturalmente esista più omofobia diretta verso l’omosessualità maschile rispetto a quella femminile, e che quindi sarebbe più pericoloso per gli uomini esplorare questi desideri.
Pregiudizi e stereotipi
Purtroppo, ancora oggi i pregiudizi sono molto frequenti riguardo alle identità bisessuali. Alcune persone, ancora legate al concetto di stabilità e univocità dell’orientamento sessuale, affermano che i bisessuali siano eterni indecisi, che siano infedeli per natura, ninfomani o che siano omosessuali che hanno paura di dichiararsi tali. Tutte queste sono affermazioni bifobiche, che forse la legge Zan potrebbe aiutare ad arginare.
Un’altra esperienza comune alle persone Bi+ è la bicancellazione, ovvero l’essere considerati eterosessuali se si sta con una persona del sesso opposto ed omosessuali se si sta con una persona del proprio sesso (quando invece sarebbe opportuno parlare di coppie ad orientamento misto). Persino alcuni psicoterapeuti forzano le persone bisessuali verso uno dei due orientamenti monosessuali (piena omosessualità o eterosessualità) ritenendo, in accordo con concettualizzazioni obsolete, la bisessualità una fase di esplorazione e di passaggio. Purtroppo, gli stereotipi sono presenti anche negli ambienti LGBT+, e ciò determina una doppia discriminazione che peggiora la qualità della vita delle persone Bi+, privandole di spazi sicuri, facendo loro interiorizzare la bifobia e rendendole più vulnerabili allo stress psicologico.
La letteratura scientifica indica chiaramente che tutti i pregiudizi menzionati in precedenza non trovano riscontro nei risultati degli studi condotti sul tema. Questi, infatti, indicano che le persone ad orientamento Bi+ risultano essere la maggioranza all’interno della popolazione non-eterosessuale (Diamond, 2016) se la domanda viene posta loro in termini di non-esclusività dell’attrazione sessuale piuttosto che in termini identitari. Sappiamo inoltre che l’attrazione è fluida e che può mutare nel tempo (Diamond, 2008) e che anche le persone eterosessuali sviluppano attrazioni non-esclusive (Vrangalova & Savin-Williams, 2012).
E in Italia?
Secondo una recente inchiesta condotta a livello internazionale dal Pew Research Center, il nostro paese è in coda alla classifica dei paesi dell’Europa occidentale per l’accettazione dell’omosessualità. L’inchiesta, condotta nel 2019, ha coinvolto 38.426 partecipanti, provenienti da 34 diverse nazioni. I dati di questa ricerca, che ha posto ai partecipanti la domanda “L’omosessualità dovrebbe essere accettata dalla società?”, indicano come in molti paesi si sia riscontrata una tendenza positiva nelle ultime due decadi per quanto riguarda l’accettazione dell’omosessualità. L’Italia, tuttavia, non rientra tra questi. La percentuale di risposte affermative nel nostro paese (75%), infatti, è rimasta pressoché invariata da quando il quesito fu posto per la prima volta nel 2002. Anche i dati raccolti negli Stati Uniti riportano una percentuale di accettazione simile a quella del nostro paese (72%), ma se consideriamo che negli USA i valori del primo sondaggio si attestavano attorno al 50%, risulta evidente come oltreoceano siano stati fatti enormi passi avanti negli ultimi due decenni.
Altri paesi in cui l’accettazione dell’omosessualità è risultata essere in crescita rispetto al passato, sebbene in alcuni di questi il livello generale di tolleranza sia rimasto molto basso, sono stati Messico, Giappone, Sud Africa, Corea del Sud, India e Kenya.
Arrivati a questo punto, alcuni lettori potrebbero pensare che il 75% non sia tutto sommato una percentuale pessima per il nostro paese. Per leggere questi dati con maggiore cognizione di causa, tuttavia, riportiamo alcuni dei dati emersi dal rapporto ISTAT del 2012 dal titolo: “La popolazione omosessuale nella società italiana” .
I dati riportati da questo documento indicano che, sebbene la condanna di comportamenti discriminatori sia molto diffusa (il 73% degli intervistati era in disaccordo con il fatto che non si assuma come dipendente o non si affitti un appartamento ad una persona perché non eterosessuale) emerge che, per una parte della popolazione, il fatto che gli omosessuali/bisessuali rivestano alcuni ruoli era problematico. Il 41,4% non li accetterebbe come insegnanti di scuola elementare, il 28,1% avrebbe problemi se ad esserlo fosse un medico ed il 24,8% non vorrebbe che gli omosessuali ricoprissero cariche politiche. Infine, tra gli intervistati con un’età compresa tra i 18 ed i 74 anni, emerge come solo il 50% circa dei partecipanti al sondaggio ritenessero un comportamento accettabile, per una coppia dello stesso sesso, passeggiare in strada tenendosi per mano e scambiarsi un rapido bacio. La percentuale di persone che riteneva lo stesso comportamento accettabile per una coppia eterosessuale era pari al 94,2%.
Infine, secondo questo rapporto ISTAT, nel 2012 circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale (2,4% della popolazione residente). Questi dati non possono essere considerati una stima veritiera di quante persone non eterosessuali ci siano nel nostro paese, in quanto rappresentano solo coloro che hanno deciso di dichiararsi pubblicamente tali, nonostante la modalità di raccolta dati impiegata rispettasse l’anonimato. Se però consideriamo, oltre che l’autodefinizione del proprio orientamento sessuale, anche altre dimensioni come l’attrazione, l’innamoramento e l’aver avuto rapporti sessuali con persone del proprio sesso, nel complesso secondo il rapporto ISTAT si arriverebbe ad una stima di circa 3 milioni di individui, il 6,7% della popolazione residente. Questo valore indicherebbe cioè coloro i quali, nel corso della propria vita, abbiano sperimentato attrazione romantica o sessuale per una persona del proprio sesso, dichiaratamente o meno.
Alla luce dei dati riportati in questo articolo e considerando il modo in cui questa stima è stata ideata, è ragionevole pensare che una parte di queste persone rientri a pieno titolo nelle identità bisessuali, o che abbia sperimentato in un certo momento un cambiamento nei propri gusti abituali, ovvero fluidità sessuale.
Dal momento che è evidente come la nostra società stia andando incontro ad una pluralità di espressioni sessuali, ci auguriamo che in futuro diventi più flessibile anche il nostro modo di pensare a questo tema. Affermare la granitica stabilità dell’attrazione sessuale è una difesa volta a proteggersi da qualcosa che annacqua i confini delle categorie definite e stabili alle quali siamo abituati. Sfumare i confini del bianco e del nero, addentrandosi nelle varie tonalità di grigio, aggiunge incertezza ad una società caratterizzata da rapidi mutamenti. Tuttavia, opporsi al sempre più frequente manifestarsi di sessualità non tradizionali non cambierà il fatto che esse esistano.
Concludiamo con una citazione tratta da un’intervista al filosofo francese Michael Foucault:
“La sessualità fa parte dei nostri comportamenti. Fa parte della libertà di cui godiamo in questo mondo. La sessualità è qualcosa che creiamo noi stessi, è una nostra creazione, assai più che la scoperta di un aspetto segreto del nostro desiderio”
Da Michel Foucault, un’intervista: il sesso, il potere e la politica dell’identità,
in Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste, a cura di Alessandro Pandolfi,
traduzione di Sabina Loriga, Feltrinelli, Milano, 1996, vol. III.
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