
I quotidiani italiani sono poveri di firme femminili. A raccontarcelo è una piccola ricerca che hanno realizzato gli studenti della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e che hanno raccontato sul webmagazine della scuola, in un articolo intitolato I numeri impietosi delle donne giornaliste in Italia. L’analisi è temporalmente limitata e si concentra solamente sulle edizioni cartacee (prendendo in esame 12 quotidiani nazionali), ma, come si nota dal loro grafico che riportiamo qui sotto per comodità di lettura, è un interessante pungolo alla riflessione.
Lo spunto è la tripla candidatura femminile (su quattro totali) per il posto di direttore all’uscita di Alan Rusbridger. La domanda è quanto siano presenti le donne nei quotidiani italiani. Per la posizione di direttore, si fa presto a dirlo: zero. C’è solo una condirettrice, Barbara Stefanelli del Corriere della Sera.
Gli studenti della Scuola milanese hanno preso e contato le firme femminili apparse sui quotidiani nell’arco di una settimana. Certo, è una misura approssimativa, ma dà una dimensione “spannometrica” della situazione: le firme femminili sono una quantità bassissima. Quando va bene si aggirano attorno al 30% (IlMessaggero), quando va male toccano il 2% (Corriere dello Sport – Stadio).
Più che una misura delle quote rosa in redazione, quest’analisi è un conteggio di quante donne firmino per i grandi giornali, sia da assunte e facenti parte della redazione, sia da collaboratrici esterne. Quello che vogliamo fare qui è contestualizzare questi numeri con lo sfondo generale del rapporto tra donna e mondo del lavoro nel nostro Paese. Lo facciamo utilizzando i dati del Gender Gap Index 2014 del World Economic Forum e del Gender Pay Gap di Eurostat che accostati a quelli della ricerca degli studenti della Cattolica danno una prospettiva ancora più deprimente sulle quote femminili nel giornalismo italiano.
L’Italia non è certo tra i paesi più egualitari nel confronto tra uomini e donne. Siamo al 69° posto mondiale, dietro a molti paesi che non esitiamo a definire meno avanzati del nostro. In questo contesto, i numeri raccolti da questa piccola ricerca sui quotidiani fanno ancora più impressione: il giornalismo sembra un settore più maschilista di un paese già maschilista in generale.
Certo, l’analisi è limitata solo i quotidiani cartacei e trarre delle conclusioni generali potrebbe portare a errori. Però potrebbe servire da pungolo perché tutto il settore (come stanno le cose nelle radio, nelle televisioni e nelle testate online?) dei giornalisti italiani riflettesse su questo argomento. Le testate pronte a sostenere le proposte delle quote rosa come si comportano a loro volta? Quando gli editorialisti e i commentatori scrivono di “pari opportunità” e “uguaglianza” hanno mai alzato lo sguardo dalla tastiera per guardare chi occupa le scrivanie vicine? Quante donne ci sono?
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Immagine in apertura: State Library Victoria Collections via Flickr [CC BY-NC 2.0]
science e tech writer, datajournalist. collaboro con Wired e Wired.it, dove ho pubblicato l’inchiesta #doveticuri (finalista ai Data Journalism Award 2013), LeScienze, Radio Città del Capo di Bologna e con la Radio Svizzera Italiana. ho scritto per D di Repubblica, Mente&Cervello, ApogeoOnLine. Linkiesta.it e Nòva e ho collaborato con Radio24 – IlSole24Ore. sono socio di formicablu. seguo il data driven journalism da alcuni anni e oggi uso più fogli excel che social network. insegno datajournalism al master in giornalismo dello IULM di Milano.