Le parole del Covid-19: un’analisi della pandemia attraverso Google Trends

La pandemia di Covid-19 non solo ha mutato profondamente le nostre abitudini, ma ci ha anche messi di fronte ad un nuovo panorama lessicale. Parole che fino a ieri avevamo letto in qualche libro di storia o in qualche compendio di diritto o medicina sono entrate nella nostra quotidianità.
Prima “coronavirus” e “pandemia”, poi “quarantena”, “lockdown” e “DPCM”, oggi “coprifuoco”, “tracciamento”, “seconda ondata”, “regioni gialle, arancio e rosse”, tutti questi termini sono stati fatti propri dalla politica, presi e masticati dai media, hanno riempito i social network, ma soprattutto sono entrati a far parte del lessico comune delle persone, che, nel processo di continua evoluzione della lingua, hanno contribuito al loro processo di ri-significazione.
Google Trends
Per comprendere la portata di questa esplosione di uso di nuove parole, ci viene incontro Google Trends, uno strumento reso disponibile dal noto motore di ricerca che permette di visualizzare, attraverso un indice di frequenza numerico che va da 0 a 100, l’andamento delle ricerche di termini o argomenti in un dato periodo di tempo e in un determinato luogo.
Questo tipo di analisi aiuta a comprendere quali parole sono entrate nel nostro vocabolario in questi mesi o quali invece hanno avuto un calo di interesse da parte degli utenti di Google.
Il virus
Ed è così che cercando i termini “coronavirus“ e “covid”, si scopre che, come prevedibile, nessuno in Italia li avesse mai presi in considerazione se non a partire dalle prime settimane del 2020 quando le notizie provenienti da Wuhan cominciavano a insidiarsi anche nei media nostrani. Il picco di ricerche di “coronavirus” si registra proprio in quei primi giorni di marzo che hanno visto l’istituzione della zona rossa nei dieci comuni lombardi. Meno prevedibilmente, risulta come i due termini, quasi intercambiabili, dimostrino un andamento così diverso: se “coronavirus” ha toccato picchi mai raggiunti da “covid”, le due ricerche sono arrivate a sovrapporsi nel corso dell’estate arrivando ad invertirsi in autunno con un leggero vantaggio del secondo sul primo.
https://trends.google.it/trends/explore?geo=IT&q=%2Fm%2F01cpyy,covid
Consumi da pandemia
Ci si può cimentare in una ricerca legata ai prodotti di consumo caratteristici di questa pandemia da coronavirus. Ed è così che, inserendo come termini di ricerca “mascherine”, “gel” e “amuchina”, risulta un andamento che forse può stupirci. A fine febbraio avviene un’impennata delle ricerche della più nota marca di igienizzante mani, che crolla nel giro di un paio di settimane (forse gli italiani hanno scoperto che esistono anche altri prodotti igienizzanti?) mentre il termine “mascherine” rimane in sordina. In quel periodo, la parola d’ordine delle autorità sanitarie, forse complice la mancanza di mascherine, era ancora “lavarsi le mani”. L’esplosione del termine “mascherine” avviene circa una settimana dopo, arrivando ad un picco che diverge totalmente dagli altri due termini. In quelle date non c’è stato nessun cambiamento di regolamenti o indicazioni dalle autorità (l’obbligo di mascherina all’aperto sarebbe arrivato solo a inizio aprile). Probabilmente queste ricerche erano finalizzate all’acquisto online, complice il fatto che le mascherine cominciavano ad essere introvabili in farmacia.
https://trends.google.it/trends/explore?geo=IT&q=mascherine,gel,amuchina
Rimanendo in ambito consumi, se cerchiamo il termine “amazon” rileviamo dei dati prevedibili ma non per questo numericamente meno impressionanti: in concomitanza con l’aumento di “covid” c’è stata una crescita netta delle ricerche che hanno sfiorato i tassi che si sono registrati nei due anni precedenti tra il Black Friday e le festività natalizie. Tenendo conto che questa tendenza si può riscontrare in gran parte dei paesi occidentali, non stupisce il fatto che tra marzo e ottobre 2020 il patrimonio personale di Jeff Bezos, il fondatore del noto sito di acquisto online, sia passato da 113 a 192 miliardi di dollari.
https://trends.google.it/trends/explore?date=2018-10-18%202020-11-18&geo=IT&q=amazon,covid
Tutti in casa
Da marzo a maggio siamo tutti rimasti chiusi in casa. Purtroppo, anche oggi, in molte regioni italiane, si è costretti quantomeno a limitare i propri spostamenti. Il termine “lockdown” è entrato a far parte del nostro vocabolario, insieme a quello di “coprifuoco”, che usavano i nostri nonni durante la Seconda guerra mondiale. Un altro termine affine e ormai di uso comune è “quarantena”.
Per quanto questi termini possano sembrare molto affini, e nel linguaggio comune e giornalistico siano diventati quasi intercambiabili, hanno accezioni molto diverse. Con “quarantena” si indica il periodo di isolamento necessario per assicurare che una persona esposta al virus non sia stata contagiata, nonostante questo, durante la primavera, il termine è stato largamente usato per indicare quello che in realtà sarebbe stato più propriamente definibile con “lockdown”, prestito dall’inglese che invece è esploso nelle ricerche solo in queste ultime settimane. “Coprifuoco” è invece un termine che è salito alla ribalta solo a metà ottobre, quando la regione Campania ha deciso di introdurlo sul proprio territorio.
I termini giuridici
Dal punto di vista dei termini giuridici legati all’emergenza pandemica non sorprende scoprire che un termine burocratico e un po’ grigio come “dpcm” (Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri) fosse sostanzialmente al di fuori del radar degli italiani fino a questa primavera. Al contrario colpisce come la vera esplosione questo acronimo avvenga solo tra ottobre e novembre, nonostante fin dalla primavera l’emergenza sia stata gestita con questo tipo di decreti amministrativi. La spiegazione potrebbe venire a galla facendo un confronto con il termine “decreto”: anche questa volta sembra che sia avvenuto una traslazione di significato, come se tra prima e seconda ondata ci sia stato un assestamento lessicale complessivo.
https://trends.google.it/trends/explore?geo=IT&q=dpcm,decreto
I nomi della politica
Spostandosi su un tipo di analisi più politica, è interessante notare come la pandemia abbia segnato la maggiore incidenza su Google di alcuni leader rispetto ad altri. Prendendo i due nomi più rilevanti e mediatici nella politica italiana, cioè il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il principale leader di opposizione Matteo Salvini, balza all’occhio come prima della pandemia il secondo fosse significativamente al di sopra del primo come numero di ricerche (il doppio o il triplo). Ma se le ricerche correlate al segretario della Lega sono rimaste sostanzialmente costanti (segnando tuttalpiù un leggerissimo calo), quelle del Presidente del Consiglio hanno subito due impennate proprio nei periodi di maggiore emergenza sanitaria, quando si era tutti davanti a televisioni e computer in attesa dei discorsi serali da Palazzo Chigi. Pur senza voler arrivare a correlazioni forzate tra gradimento politico e numero di ricerche, non si può nemmeno ignorare come, in uno scenario politico fortemente volatile, la centralità mediatica di un personaggio possa contribuire a spingerne la popolarità. Come riferimento si è inserito nella ricerca anche Sergio Mattarella; si può notare come questo nome, mediaticamente sempre rilevante, non abbia fatto segnare nessun cambiamento notevole nel corso dell’anno.
https://trends.google.it/trends/explore?geo=IT&q=%2Fg%2F11f61sm2qr,%2Fm%2F05v8sl,%2Fm%2F03cp19r
I trasporti
Questo tipo di analisi attraverso Google trend ci permette anche di prendere in considerazione i mutamenti di abitudini correlati all’emergenza pandemica. Addentrandosi in un’analisi del settore dei trasporti, non sorprende affatto sapere che i termini “voli”, “treni” e “bus” siano in fortissimo calo, ma solo il confronto con l’andamento del 2018 e del 2019 fa capire la sua portata. Come si nota dal grafico, il picco raggiunto durante l’estate 2020 sfiora a malapena i minimi dei due anni passati.
https://trends.google.it/trends/explore?date=2018-11-15%202020-11-15&geo=IT&q=voli,treni,bus
Per ciò che riguarda il settore dell’intrattenimento, si può tentare un tipo di analisi simile, aggiungendo alla ricerca dei “beni sostituto”. Ed è così, che se si inseriscono i termini di ricerca “cinema” e “teatro” affiancando a questi “netflix” e “stasera in tv”, si osserva una sostanziale inversione di andamento nei mesi di marzo, aprile e maggio del 2020. Se durante l’estate e nel mese di settembre il gap sembrava destinato a riassorbirsi, il secondo lockdown, che ha chiuso un’altra volta teatri e cinema, ha spinto la forchetta ad ampliarsi, anche se per ora non ancora ai livelli della primavera.
La ristorazione
Un ulteriore ambito che merita un approfondimento, anche a causa dell’attivismo degli esercenti nel contrastare il nuovo lockdown, è quello della ristorazione. Si sono presi in considerazione i termini “bar” e “ristorante” e di contrasto l’argomento di ricerca “consegna a domicilio”. Si nota come nel periodo di marzo e aprile, per la prima volta nella storia, i primi due termini si siano quasi azzerati, venendo addirittura sorpassati dal terzo, che fino a quei giorni era rimasto prossimo allo zero. Al contempo, si nota come il termine di ricerca “bar” sia tornato ai livelli soliti nelle prime due settimane di maggio, quelle che hanno visto il Paese ritornare gradualmente alla normalità. Per ciò che riguarda i ristoranti, si nota una repentina crescita estiva che porta questa ricerca a superare sensibilmente i numeri dell’anno precedente, rimanendo fino all’inizio di ottobre in linea con questa tendenza. È lecito pensare che molti italiani abbiano provato a recuperare parte di quei momenti conviviali annullati nei mesi precedenti, contribuendo a dare una boccata di ossigeno ad un settore messo a dura prova dal lockdown.
Foto di Simon Steinberger da Pixabay