
Spesso da salotti e trasmissioni tv vengono pronunciate frasi che riportano sui media dibattiti sul linguaggio sessista: l’ultimo caso in ordine di tempo proviene dal Grande Fratello Vip.
Il sessismo esiste e le donne lo affrontano ogni giorno, confrontandosi con battute crude, gesti inappropriati, persino molestie sessuali. Il sessismo quotidiano in effetti pervade la scuola, il lavoro, la politica, i mass media e gli ambienti professionali. Spesso declinato in battute o commenti stigmatizzanti sul modo di vestirsi o comportarsi, il linguaggio sessista colpisce la stragrande maggioranza della popolazione femminile, stereotipando le donne e attribuendo loro ruoli determinati e limitati dal loro sesso.
Secondo gli ultimi rilevamenti del Global Gender Gap Index che monitora la differenza del trattamento tra uomini e donne in tutti gli ambiti economici e sociali nel 2020, su 153 stati l’Italia si posiziona al 76 posto con un punteggio di 0,707 su una scala compresa tra 0 (minimo) e 1 (massimo). Anche se il paese è indietreggiato di 6 posti rispetto agli ultimi due anni, si nota tuttavia un netto miglioramento di +0.001 rispetto al 2018. Al livello regionale ovvero in Europa occidentale, l’Italia si posiziona al sedicesimo su 20 paesi dietro il Lussemburgo.
“Il sessismo inizia dal linguaggio”
In un’intervista a Huffpost, il filosofo Lorenzo Gasparrini – autore del libro Non sono sessista, ma (edito da Tlon) – affermava già che “il sessismo inizia dal linguaggio, i condizionamenti si imparano da piccolissimi”. Solitamente sottili, discrete e meno visibili, riescono a passare inosservate quelle parole che prestano spesso a confusione e che si classificano senza dubbio nella categoria del linguaggio sessista se valutato sotto lo spettro delle violenze di genere. Le donne sono confrontate almeno una volta nella loro vita a parole o commenti più o meno negativi e ostili. Tra le forme di violenze subite si rileva una percentuale di 16,1% delle donne che sono state vittime di stalking ovvero 3 milioni 466 mila di persone secondo i rilevamenti dell’Istituto nazionale di statistica.
Che noi stiamo per la strada, al lavoro oppure nel nucleo familiare, il linguaggio sessista e persiste in quanto il sessismo stesso si caratterizza dalla sua ambivalenza, con una forma “benevola” e una “ostile”, ovvero due facce della stessa medaglia. Il sessismo benevolo potrebbe a prima vista sembrare una valutazione positiva delle donne ma ha lo scopo come il sessismo ostile, di giustificare il loro stato subalterno, ragione per cui non è spesso visto come una forma di pregiudizio. A proposito del sessismo benevolo, Giulia Blasi, giornalista e scrittrice, afferma che“La società italiana è tenuta in piedi da una forma molto aggressiva di sessismo benevolo quello che identifica le donne come la parte migliore e più sana della società a patto che si prestino a essere sempre e soltanto comprimarie, angeli del focolare o grandi uomini: la perpetuazione di questa rigida divisione di ruoli di genere è alla base del nostro welfare”.
Ruoli e “mensplaining”
“Non credi che dovresti essere un po’ più femminile?” , “A te quello che manca è un fidanzato”, “ Hai imparato a cucinare? Complimenti, ora sei pronta per sposarti!”. “Lascia perdere io ti faccio vedere come si fa!”
Queste sono solo alcune delle espressioni attraverso le quali si manifesta il sessismo quotidianamente. In ambito lavorativo, le donne subiscono molestie verbali e ricatti sessuali spesso con contatto fisico da parte di loro colleghi. Gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne. Si stima che le molestie verbali siano la forma più diffusa di sessismo e che interessi almeno una donna su quattro.
Non è quindi difficile affacciarsi a commenti e parole che nelle la stragrande maggioranza stereotipano le donne. In effetti sono parole che di solito sono comuni anche al livello internazionale come lo indica l’ANSA avremmo parole come queste: “te la sbrighi bene, per essere una donna”, “donna al volante, pericolo costante”, “com’è che una ragazza carina come te è ancora single”?,“dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna” “essere madre è la cosa più bella che possa succedere nella vita di una donna”, “Se non le hai, crescile” “Una donna deve mostrare rispetto”. “Sii bella e stai zitta”
Da piccola la giovane ragazza si confronta quotidianamente ad a espressioni sessisti usate sia a casa che a scuola “Non piangere, che sei così bella”, “con tuo fratello è diverso lui è un maschio”, “che giorno è oggi ti sono venuti le mestruazioni?”
In ambiente lavorativo delle espressioni come queste sono usate frequentemente, non c’è bisogno di guardare molto lontano per raccogliere testimonianze quando si tratta di discriminazione sessuale sul posto di lavoro. Sulla base della loro esperienza professionale, queste donne sottolineano la correlazione tra l’assunzione di responsabilità e gli stereotipi maschilisti. “Le donne non sono disponibili, devono badare ai bambini!” “Ti senti in grado di assumerti questo compito …? “” Cosa ne pensa il tuo coniuge? ” domanda che non sarebbe mai stata fatta a un uomo. “Dobbiamo reclutare competenze” … Dovremmo giustificare il rifiuto di reclutare donne, ad esempio …?, “Hanno reclutato un ottimo venditore, è molto carina! ” “Ho cercato di promuovere le donne il più possibile, anche se i nostri file sono molto tecnici “.
Il modo in cui si organizza il lavoro da quindi ai dipendenti la sensazione di non essere in grado di svolgere adeguatamente la loro missione; e lavori che non corrispondono agli stereotipi di genere della divisione del lavoro (una donna in un ambiente cosiddetto “maschile”)
La nozione di sessismo a lavoro è complessa da comprendere. Ma questi atteggiamenti sono anche, e molto spesso, l’inizio di un’inclinazione che va oltre, come le molestie sessuali o la discriminazione. Queste concessioni e totalmente degradanti nei confronti delle donne non si fermano purtroppo nell’ambiente lavorativo. Un elemento importante che rende la situazione ancora più visibili sono i media e la loro rappresentazione della donna.
Non ci stupisce più il fatto che la donna soprattutto il corpo femminile sia nella pubblicità oppure nelle riviste sia basata sui soliti stereotipi “clichés” erotici, e l’aspetto fisico. L’iper sessualizzazione del corpo delle donne è diventata una norma culturale nelle nostre città. il corpo della donna è un oggetto di marketing e argomento di vendita. L’attrice Marcia Belsky richiamava già l’attenzione sul suo profilo Instagram attraverso immagini dove alle donne spesso viene tagliata la testa. Per lei questa pratica che consiste “nel frammentare, feticizzare e disumanizzare le donne così come vengono mostrate al cinema in televisione sulle copertine dei libri e nella pubblicità, le trasforma senza dubbio in un oggetto passivo, soggetto allo sguardo maschile. La questione del suo consenso è esclusa insieme alla sua testa e il suo scopo è solo quello di essere guardato dagli uomini. il suo valore si basa solo sull’attrazione sessuale che può esercitare sugli uomini e non sulla sua personalità”
Le donne iper sessualizzate sentono a questo effetto la pressione di mantenere e modellare i loro corpi in un certo modo per uniformarsi al gruppo.
I social contro il linguaggio sessista
Se le tecnologie digitali offrono nuovi spazi per la diffusione di stereotipi, è sempre attraverso quei social che si mobilitano gran parte coloro che ogni giorno lottano per la riabilitazione della donna e il suo rispetto in quanto persona che non si definisce non dal suo aspetto fisico per cui deve essere messa in avanti per la sua bellezza per il compiacere degli uomini ma come parte integrante di una società dove prevale parità se siamo uomo o donna, ragazza o ragazzo. Sono diverse le parole chiave che riportano a questa lotta:
Si vuole anche attraverso la denuncia delle atti di abusi e di molestie rompere il tabù legato a questo male che affligge la società. sono nati a proposito diversi movimenti online per rompere con il silenzio e fare smettere commenti come “se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi , perché vuol dire che il suo femminile non è in primo piano”.