
di Clara Fioranzato e Fabio Calzati
Il 12 febbraio, in ricorrenza del giorno della sua nascita, si celebra il giorno di Charles Darwin, noto scienziato e grande naturalista, che viene ricordato per l’Origine delle Specie e la teoria evoluzionista. Questa teoria afferma che da organismi elementari si sono evolute col tempo forme di vita sempre più complesse, le quali specializzandosi per adattarsi meglio ai diversi ambienti hanno dato origine a milioni di specie diverse che caratterizzano oggi la biodiversità del nostro pianeta.
Ad oggi si conoscono più di 1,8 milioni di specie al mondo. Tra queste la stima è di circa 370.000 piante, 4.500 mammiferi, 8.700 uccelli, 6.300 rettili, 3.000 anfibi, 23.000 pesci, 900.000 insetti mentre le restanti 500.000 appartengono ad altri gruppi tassonomici. I gruppi a noi più noti corrispondono dunque solo all’2,5% del totale di specie presenti sul nostro pianeta.
Inoltre, proprio all’inizio di febbraio, quasi a coincidenza con l’anniversario in onore dello scienziato britannico, in Indonesia, un gruppo di ricercatori dell’Università di Singapore e del Gruppo indonesiano delle scienze, ha scoperto 5 nuove specie di uccelli e 5 nuove sottospecie. Evento sorprendente che ci porta a riflettere su come l’intervento e la presenza umana stiano modificando e sradicando gli ecosistemi di cui le differenti specie hanno bisogno per vivere.
Una conferma di quanto sta avvenendo la si può trovare nell’osservazione della falena Biston betularia: tale insetto, assumendo un colore chiaro per mimetizzarsi sui tronchi di betulla, è riuscito a sfuggire ai suoi predatori nel corso degli anni. Tuttavia, a seguito dell’inscurirsi dei tronchi degli alberi a causa delle emissioni di fuliggine nelle zone industriali, si è notato come, nel giro di 50 anni, la maggioranza della popolazione di falena Biston betularia presentasse un colore scuro.
Oggi, la rilevanza dell’impatto antropico sugli ecosistemi è tale da costituire un peso decisivo per la sopravvivenza o l’estinzione di una specie. Come è possibile osservare nell’infografica dell’ IUCN, il numero di specie a rischio (linea rossa) è passato da 10 000 a 30 000 negli ultimi 20 anni, riducendo il divario rispetto al totale stimato delle specie (linea blu).
Crediti: IUCN (https://nc.iucnredlist.org/redlist/content/images/content_2020_1_RL_Fig_1_Changes_Since_2000RL.jpg)
I fattori selettivi descritti nella teoria di Charles Darwin, e condizionati dall’impatto dell’uomo, includono la competizione per il cibo, per lo spazio e le condizioni climatiche. Non è quindi sorprendente notare come, negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di specie sia minacciato. Considerando solamente l’anno del 2019, i cambiamenti climatici causati dall’uomo sarebbero la causa di fenomeni distruttivi quali la tempesta Eberhard, gli incendi in California o l’uragano Dorian. Con oltre un milione di specie a rischio entro il 2030, è in atto la sesta estinzione di massa e la prima derivata dall’impatto umano: secondo la rivista scientifica Nature, il tasso di estinzione è paragonabile a quello derivato dall’impatto di meteoriti, intense attività vulcaniche e altri cataclismi negli ultimi 500 milioni di anni.
Esistono, inoltre, prove inconfutabili che la perdita o frammentazione di habitat naturali, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e i cambiamenti climatici abbiano aumentato il tasso di estinzione di specie animali a livelli che risultano essere molto più alti di quelli osservati nei reperti fossili. In particolare, i ricercatori delle Nazioni Unite avevano individuato le maggiori minacce per le specie animali nei fenomeni della pesca intensiva e nel consumo di suolo. I pesci, infatti, risultano essere la classe di vertebrati con un numero di specie minacciate che varia da 2582, nel continente americano, fino a 2627 in Asia. In maniera simile, probabilmente, a causa del crescente fenomeno di disboscamento, gli uccelli risultano essere la seconda classe di vertebrati più minacciata: i numeri variano da 1245 in America fino a 1616 specie minacciate in Asia.
Inoltre, osservando i dati rapportati al numero totale di specie conosciute, si può affermare che a rischio siano il 21% dei mammiferi, il 13% degli uccelli, il 18% dei rettili, il 32% degli anfibi e il 14% dei pesci. Per non parlare degli altri gruppi tassonomici che risentono in maniera simile dello stesso rischio di estinzione. Se calcoliamo la media, non siamo distanti dallo stimare che i cambiamenti portati dall’uomo, giunti al 2019, abbiano portato a rischio di estinzione quasi il 20% delle specie presenti sulla terra, ovvero al rischio di perdita di un quinto della biodiversità del nostro pianeta.
Nonostante questi dati preoccupanti, il team internazionale di scienziati della rivista Nature è concorde nell’affermare che, seppure la biodiversità risulti gravemente minacciata, sia possibile preservare le specie a rischio attraverso un impegno congiunto e senza precedenti tra politici, scienziati e sociologi. Insomma, nella costante validità del concetto darwiniano di “adattarsi o soccombere”, è imperante per l’uomo adattarsi a nuovi modelli di sviluppo, sostenibili per tutte le specie.